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Andrea Lanfri sul tetto del mondo, primo atleta con pluriamputazioni a scalare la vetta dell’Everest


Abbiamo seguito con trepidazione tutti i passi di Andrea Lanfri verso il Tetto del Mondo. Abbiamo gioito con lui e il suo compagno di scalata, la guida alpina Luca Montanari, quando lo scorso venerdì, alle 5,40 del mattino ora locale, hanno potuto ammirare l’alba dal punto più alto della Terra, a 8848 metri sopra il livello del mare. Poi abbiamo tenuto il fiato sospeso nell’attesa della notizia del loro rientro sani e salvi al Campo Base, dopo la lunga e difficile discesa.

La grande scalata di Andrea è cominciata otto anni fa, nel 2015, quando, a causa delle conseguenze di una meningite fulminante, subì l’amputazione di entrambe le gambe e sette dita delle mani. Invece di perdersi d’animo il giovane atleta lucchese ha affrontato la strada tutta in salita che lo ha portato non solo a riconquistare la normalità del quotidiano, ma a primeggiare nelle gare paralimpiche di corsa e poi ad inseguire e raggiungere i suoi sogni di alpinista, con obiettivi sempre più ambiziosi, fino ad arrivare in cima al Mondo.
Lanfri e Montanari hanno salito l’Everest lungo la via classica del versante Sud. Dopo aver raggiunto il Nepal, nello scorso mese di aprile, hanno completato l’acclimatamento e Andrea ne ha approfittato anche per indossare le sue lamine da runner e correre il miglio più alto del mondo, in soli 9 minuti e 48 secondi.

Nei primi giorni della scorsa settimana Andrea, utilizzando le protesi appositamente realizzate per la scalata in alta quota, è salito con il compagno verso i campi alti, fino a raggiungere il Colle Sud, a 7900 metri, da dove è partito il balzo finale verso la cima.
La salita non è stata per nulla facile e le difficoltà si sono fatte sentire soprattutto in altissima quota, a causa delle temperature bassissime e della rarefazione dell’aria. Andrea e Luca hanno impiegato le bombole d’ossigeno per l’ultimo tratto verso la vetta.

ANDREA LANFRI – INTERVISTA

Poche ore dopo il suo rientro al Campo Base, ecco le impressioni di Andrea Lanfri.

Andrea, prima di partire, alla precisa domanda su come ti immaginavi in vetta all’Everest hai preferito non rispondere, dicendo che volevi affrontare la tua sfida un passo alla volta. Ora lassù ci sei arrivato per davvero: come è stato guardare l’orizzonte dal punto più alto della terra?
Un’emozione immensa, un cammino, un’immagine dentro di me che sognavo da anni e finalmente ero lì, il tutto in un mix di surreale, un po’ in dubbio tra sogno e realtà. Mai nella mia vita avrei pensato di godere di così tanta bellezza e felicità. Ma dove cavolo sono?, questa è stata la mia domanda dentro di me. Guarda dove sono arrivato! Se non mi fossi rialzato dopo ogni caduta su quel sentiero sopra casa che cercavo di percorrere quando muovevo i primi passi con le protesi, quante cose mi sarei perso! Tutte le fatiche, tutti gli allenamenti, le persone che ho conosciuto lungo questo cammino, mi hanno portato a vivere questa gioia. A loro dico grazie è una sensazione bellissima!.

Quale è stata la parte più impegnativa della salita?
La discesa! Passato l’Hillary Step ho cominciato a sentire un fastidio nel camminare sul piede destro. Ho pensato: Piede rotto… Ok, no problem, al massimo ne ho uno di scorta!. La discesa è diventata sempre più faticosa, ma, piano piano e con l’aiuto di qualche calata in corda doppia, sono riuscito ad arrivare a Campo 4, molto stanco. Qui togliendo le scarpe ho scoperto qual era il problema: si era formato del ghiaccio tra le lame di carbonio, impedendo il movimento del piede! Una volta ripulito il piede dal ghiaccio, anche se al campo il vento era molto forte, sono riuscito a dormire qualche ora recuperando energie per la discesa del giorno dopo. La mattina successiva dal C4 siamo scesi al C2, dove una bella bottiglia di Coca Cola mi attendeva in tenda! Poi l’ultima giornata di fatiche e pericoli con l’attraversamento dell’Ice Fall e infine l’arrivo al Base!.

Le difficoltà che hai dovuto affrontare sono le stesse degli altri scalatori oppure a te questa salita ha riservato sfide e ostacoli diversi?
Insieme alle problematiche di ogni alpinista, devo stare molto attento a quello che può accadere ai monconi. Se questi si infiammano o si creano ulcere sono impossibilitato a mettere la protesi e, a quelle quote, non sarebbe una cosa buona… L’esperienza, l’allenamento e l’ottima gestione della sudorazione hanno fatto sì che tutto andasse per il meglio, ma indossare le protesi a volte può essere doloroso ed è comunque sempre fastidioso. Bisogna saper stringere i denti e rimanere focalizzati sull’obiettivo.

Quanto è stato importante per il raggiungimento del tuo obiettivo il supporto della tecnologia?
La tecnologia delle protesi è importantissima, ma, se non ci si aggiunge una buona dose di volontà, la tecnologia da sola non ti cambia la vita! Ricordo ancora la frase che mi disse il mio tecnico ortopedico il primo giorno di protesi: Ecco qua i tuoi nuovi piedi, ora sta a te portarli in giro!. Da lì capii che non sarebbe stato facile! Ma presto iniziai a divertirmi a portare in giro i miei nuovi piedi di carbonio e titanio… Durante una salita come questa anche i momenti di recupero sono fondamentali. Sotto questo aspetto è stato essenziale avere il supporto e la sicurezza di attrezzature tecniche come le tende realizzate da Ferrino. Non mi riferisco solo alla protezione dal vento e dal freddo, ma anche dalla luce solare, che a quelle quote è davvero abbagliante!.

La vetta dell’Everest è stato il punto di arrivo di un lungo percorso. Da quella cima sei riuscito a vedere quale potrebbe essere il prossimo passo del tuo cammino fra le montagne?
Si, è già programmato! In realtà l’Everest è una tappa del mio percorso, la più importante ovviamente, ma una tappa. Il progetto reale, my7summits, proseguirà con le altre vette. La prossima in lista? Il Kilimangiaro la più alta del continente africano!.

Un progetto ambizioso e tante nuove sfide da realizzare, dunque, a cui Ferrino fornisce il proprio supporto con grande entusiasmo: Siamo particolarmente felici per il successo di Andrea e orgogliosi di avere fra i nostri ambassador un atleta come lui – spiega la CEO Anna Ferrino – La sua storia dimostra nel modo più limpido che non ci sono limiti alla passione e alla tenacia. Contribuire con i nostri prodotti alla realizzazione dei suoi sogni e di quelli di tutte le persone che amano la montagna e la natura è per noi la soddisfazione più bella e il miglior riconoscimento per il nostro lavoro.

Fonte Sara Croce – Aringa Studio

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.